Poco meno di un anno fa, in occasione di Saul Gone, series finale di Better Call Saul, avevo provato sensazioni che credevo non avrei più riprovato a livello seriale, o almeno non cosi presto. Emozioni forti che solo le serie eterne riescono a trasmettere quando chiudono l'ultima pagina di un libro dove ogni parola aveva un peso, dove la punteggiatura era ragionata nei minimi dettagli, dove la sfera semantica e quella contestuale non venivano lasciate al caso, dove ogni sillaba esprimeva un concetto, dove ogni frase suonava come un trattato filosofico. Better Call Saul era tutto questo e quel finale aveva avuto il merito di chiudere un cerchio grandissimo, lasciando tanta malinconia, ma nessun rimpianto, nel farlo. Quello che non potevo immaginare allora è che da lì a qualche mese sarebbe iniziata l'ultima stagione di Succession e quelle sensazioni sarebbe tornate, potentissime grazie ad una finezza nella scrittura, quella di Jesse Armstrong e del suo parco autori, che sarebbe divenuta leggendaria.
Con With Open Eyes, andato in onda il 29 Maggio 2023, si conclude l'epopea della famiglia Roy, un'epopea fatta di tradimenti, trame di potere infinite, dispotismo, ricchezza, inquietudine, grottesche situazioni, disfunzionalità, avidità, insicurezza ed una drammaticità insita anche nei personaggi più caricaturali.
La sentenza che emette questo finale è senza appello ed è circondata da una classe ed un'eleganza nella scrittura che potrebbe non avere molti eguali nella storia della serialità.
Succession oggi è la migliore serie del 2023 nella mia classifica LIVE. Ci resterà, senza dubbio, fino al termine della stagione e come potrebbe essere altrimenti?
Quello che oggi sarà un post di commento sul finale di stagione e la stagione tutta, ovviamente ricco di spoiler, sarà anche un tributo a quella che, con ogni probabilità si siede sul podio delle migliori serie degli ultimi 15 anni, in compagnia proprio di Better Call Saul e di suo "padre" Breaking Bad.
Stento ancora a credere, molto onestamente, che Succession sia cosi poco conosciuta in Italia. Spesso, mi capita di parlare con persone, anche molto avvezze alla serialità, e di palato abbastanza fine rispetto al cinema ed al mondo delle serie tv, che mi dicono "cos'è?"; "dove la posso vedere?"; "di cosa parla?".
Ogni volta che questo accade, una parte di me vorrebbe urlare e strapparsi i capelli e, se possibile, depennare dalla lista degli amici/conoscenti quelle persone. "Poveri loro", mi dico. Poveri loro perchè non sanno cosa si stanno perdendo.
Poveri loro perchè non aver assaporato quella fonte di grandezza li ha resi, inconsapevolmente, più poveri nello spirito.
Poveri loro perchè hanno a portata di click un'opera d'arte e non fanno nulla per apprezzarla.
Eh si, perchè Succession non è quel bel quadro rinascimentale che trovereste in un buon museo di provincia (senza offesa alcuna per i nostri straordinari musei di provincia), benì è il quadro di punta dei migliori musei al mondo. E' la Guernica di Picasso, la Venere di Botticelli, la Gioconda di Leonardo.
Succession non è solo un capolavoro. E' un'opera d'arte.
Di fronte a quella che a me suona come una sentenza incontrovertibile, non mi capacito di come vi siano decine di milioni di persone che non sappiano che Succession esiste, e tante altre persone che pur conoscendone l'esistenza sembrano ignorarne il valore.
E' come avere il David a 2 passi da casa e non averlo mai visto. E' come essere amanti della pizza, vivere in Campania e non aver mai celebrato questa passione da Pepe in Grani o 50 Kalò. E' come essere di Maranello senza aver mai avuto la curiosità di guardare una Ferrari da vicino. Inconcepibile.
Ho dedicato molto tempo a parlare di Succession senza parlare di Succession perchè vorrei che fosse estremamente chiaro che siamo al cospetto di qualcosa di rarissimo. Il finale, e tutta la stagione finale, chiariscono, definitivamente, che la serie di Jesse Armstrong è, nel complesso, una delle più alte vette che la serialità abbia raggiunto.
Punto.
Ma adesso andiamo al sodo. Adesso affondiamo, a piene mani, in With Open Eyes e tutto ciò che questa strepitosa stagione ci ha raccontato.
Nel frattempo, per rimettervi in pari con le ultime pubblicazioni vi rimando alla sezione con tutti i post pubblicati di recente. La trovate qui.
Bene, bene, bene.
Da dove vogliamo partire?
Dall'epilogo dei 3 fratelli (+ Connor)?
Dalla scelta del successore tanto agognato?
Dall'esito dell'acquisizione da parte di GoJo?
Dalle conseguenze degli eventi che hanno caratterizzato America Decides?
Dai destini dei personaggi cosiddetti secondari?
Dal grande discorso sul potere che fin dal primo episodio ha contraddistinto l'intero show?
Possiamo partire da qualsiasi angolatura, da qualsiasi dettaglio, il risultato non cambierà di molto poichè Succession, tra le mille cose che ha saputo fare meglio di migliaia di altre serie, è riuscita a rendere l'intera narrazione un tutt'uno, un grande magma narrativo all'interno del quale ogni personaggio ed ogni storyline è funzionale a quella che verrà, a quella del personaggio più prossimo, in termini di vissuto e relazione, al personaggio stesso.
E allora partiamo da colui il quale in 4 densissime stagioni è sempre stato l'outsider sornione, l'agnellino strisciante che già nel clamoroso finale della terza stagione (qui la recensione) aveva saputo rubare la scena a tutti gli altri, rompendo gli equilibri con un tradimento che aveva lasciato sgomenti.
Tom Wambsgans è il trionfatore del finale di Succession ed è anche, forse, il più verosimile simbolo di un potere che difficilmente bacia in fronte ai più competenti, i più solidi, i più titolati ma che, semplicemente, assume le forme di chi è disposto a mutare la sua di forma pur di adagiarsi sulla poltrona più vicina a sè oggi, una ancora più comoda domani, un'altra più prestigiosa della precedente dopodomani fino a diventare colui poggiare le sue rilassate chiappe sul trono destinato solo ai re e le regine del business.
Tom è stato, per 4 stagioni, una stupenda caricatura che riusciva ad intrattenerci coi momenti probabilmente più comici grazie alla sua spalla perfetta, il suo sodale, l'altro Disgusting Brother di una coppia senza la quale Succession sarebbe stato, probabilmente, più pesante di quanto lo sia stato in questi anni. Tom e Greg sono 2 arrampicatori sociali come pochi altri e questo finale, sebbene in proporzioni differenti, sembra volerli premiare. Mentre sul primo torneremo fra poco, vale la pena spendere 2 parole sul "cousin" più famoso della serialità. Greg si presentava alla famiglia, 4 stagioni fa, come un cugino di campagna, sconosciuto ai più, inetto, senza qualifiche e privo di qualsiasi competenza. 4 annate dopo lo troviamo in posizioni di vertice, usato da Kendall e da Tom per spiare, riportare notizie, licenziare persone, fare il lavoro sporco tra un cocktail e l'altro, un flirt e l'altro, una sbornia e l'altra. E' lui, a ben pensarci, ad innescare alcune tra le più roboanti svolte aziendali, ultima tra tutte il disvelamento che il misterioso "US CEO" scelto da Mattson altri non era che Tom.
E ritorniamo a Tom, un uomo talmente viscido e amorale da suscitare nella sua stessa compagna di vita, Shiv, un sentimento di profondo disgusto. La stessa Shiv si chiederà se dentro quell'abito ci sia davvero qualcuno, qualcosa o se ad indossare quei vestiti lussureggianti vi sia un essere privo di forma. Tom è, a seconda della prospettiva con cui lo guardiamo, un essere amorfo o multiforma. Nel corso delle annate, infatti, è riuscito ad interpretare decine versioni di se stesso senza essere mai infedele all'unica cosa che lo eccitasse davvero: il potere.
E' stato per anni il cagnolino di Shiv, spinto, probabilmente, dall'amore per la figlia di Logan ma spinto, sicuramente, dalla certezza che quel connubio gli avrebbe aperto le porte dorate del castello del magnate. Negli anni, Tom ha saputo restare fermo, guardingo, pronto a sfruttare ogni singola crisi, a farsi largo senza sgomitare, da umile servo come lui stesso si definiva dopo la morte di Logan, servo della famiglia ma soprattutto servo di quel potere che ha caratterizzato ogni sua scelta.
Lo abbiamo visto chiedere la mano a Shiv durante un momento di massima fragilità della ragazza, in occasione del pilot, in occasione del grande malore di Logan che aveva aperto le danze della serie e della successione.
Tom ha via via coltivato rapporti, leccato i giusti deretani, coccolato il Roy più in voga del momento, restando ancorato a sua moglie quando ella sembrava essere la favorita alla successione. Si è vestito da agnello sacrificale quando ha offerto, su un piatto d'argento, la propria testa a Logan per fungere da caprio espiatori nella vicenda che coinvolgeva le crociere. Nel finale della terza stagione Tom ha piazzato il colpo più efferato, una zampata felina che ha travolto i 3 fratelli e spezzato il cuore di sua moglie. Non pago, Tom è stato il più fedele alleato di Logan fino al momento della sua morte e dopo la sua morte, come una banduerola, ha sondato ogni tipo di campo per capire dove posizionarsi fino all'ineffabile ed insondabile decisione dello "Swedish" di scegliere lui come nuovo CEO.
In 4 stagioni la sua parabola è stata esaltante ed è riassumibile nella splendida ultima scena che lo ritrae, con in testa la corona da CEO, in auto con la sua riluttante moglie, quella Shiv di cui 4 anni fa era marito e che adesso, invece, si ritrova ad essere lei ritratta come la moglie di Tom. Una situazione completamente capovolta che ben sintetizza quanta strada Tom abbia fatto tradimento dopo tradimento, strategizzando ogni cosa, insidiando ogni singola persona che in famiglia, e nell'azienda, affannosamente provava a farsi strada.
Lui, cosi sornione, la sua, di strada, l'ha fatta, eccome, chiudendo lo show come l'uomo più alto in grado come il successore di Logan Roy, come il depositario di quella esigenza e premessa che stava alla base del pilot e di tutta la saga.
Macchietta come poche altre, personaggio caricaturale come pochi ma Tom ha, sin dal primo momento, costruito il proprio successo, senza badare ad alcun principio etico, senza peli sullo stomaco, senza mai guardare in faccia a nessuno.
Un personaggio evolutosi lentamente e coerentemente con i propri fini ha sbaragliato la concorrenza e spazzato via, uno dopo l'altro, Shiv, Roman e Kendall, troppo immaturi e viziati per lottare per davvero senza esclusioni di colpi.
Chi sarà il successore del patriarca?
Questa era la domanda che sottintendeva il primo episodio della serie e che ha impiegato 4 stagioni a trovare risposta, una risposta inattesa, impossibile da pronosticare 4 stagioni fa ma naturale come poche altre risposte se viste con la consapevolezza di chi, dopo 39 episodi le ha viste tutte e ha potuto farsi un'idea di quanto i 3 fratelli Roy (+1) fossero davvero "not serious person".
Quella frase, pronunciata da Logan nel bellissimo secondo episodio, dal titolo Reharsal, aveva già catturato l'attenzione di noi tutti all'epoca ma oggi, alla luce del finale, si eleva a pura premonizione, a grande sentenza senza appello.
Shiv, Roman e Kendall hanno accarezzato tutti, e con buona ragione, il sogno di essere i nuovo padroni della Waystar, i nuovi padroni del mondo della comunicazione. Dominatori mancati per un soffio che terminano la loro corsa come l'avevano iniziata: a mani vuote.
E' meraviglioso constatare come, pur senza avere ottenuto nulla, i 3 abbiano sperimentato, sulla propria pelle un percorso pienissimo che li ha resi, nonostante tutto, persone più stratificate, più complesse, più piene. Nonostante questa escalation, però, nessuno di loro ha saputo davvero svoltare, nessuno di loro ha saputo comprendere appieno le proprie debolezze, nessuno di loro ha sviluppato una capacità di prevedere le mosse altrui, di creare strategie, di coltivare contatti personali, di guardare oltre il proprio naso.
Se nessuno dei 3 fratelli indossa la corona a fine corsa è perchè nessuno ha avuto la fame, la sagacia, la brillantezza di essere all'altezza della situazione.
Fino all'ultimo, infatti, i 3 "siblings" non sono sembrati distanti da quei bambini che ad ogni episodio, attraversavano la splendida colonna sonora che accompagnava l'opening. Fanciulli viziati che hanno assaporato tutte le bellezze e le comodità del mondo e che, una volta cresciuti, non sono riusciti ad essere incisivi, ad essere quelli che avrebbero reso orgoglioso Logan e preservato l'enorme eredità del padre. D'altronde, lo stesso patriarca, in uno storico episodio delle prime stagioni chiedeva a Kendall, retoricamente, cosa esistesse al mondo che lui non gli avesse già fatto accarezzare.
Quell'ultima notte a casa dell'odiata e folle madre, a poche ore dal board, ci ha riconsegnato l'ultima immagine di 3 fratelli uniti, sorridenti, spensierati e capaci di proteggere se stessi e la propria legacy. Una bellissima fotografia che sarebbe durata pochissime ore, infrangendosi come un vaso di vetro scagliato a terra, contro il muro delle responsabilità e delle ambizioni che all'indomani avrebbero presentato il conto.
La quarta stagione ci ha fatto sperare più volte in un lieto fine.
Nell'ultima premierè, dal titolo The Munsters (qui la recensione) ci aveva restituito 3 operosi fratelli intenti a togliersi dalla faccia gli schiaffi che Logan e Tom avevano rifilato loro nel season finale della terza stagione.
Nonostante qualche scricchiolio i 3 erano rimasti uniti di fronte ai tentativi del padre di riavvicinarli al solo scopo di tenerli buoni in vista dell'acquisizione di GoJo.
La morte di Logan, più di ogni altra cosa, ci aveva consegnato quell'immagine che è già storia, quella dei 3 ragazzi abbracciati sulla pista di atterraggio di quel fortuito aereoporto dove la salma del padre sarebbe stata restituita alla famiglia.
Quel corpo senza vita avrebbe da un lato saldato l'affetto tra Roman, Kendall e Shiv ma dall'altro li avrebbe messi, inevitabilmente, gli uni contro gli altri in ottica successione.
Una lotta fatta di colpi bassi e silenziosi, tradimenti, sotterfugi, manie di grandezza e pericolose tentazioni che sarebbero culminate in una scena uguale e contraria rispetto a quella dell'aereoporto.
Armstrong ha scelto di chiudere i giochi scegliendo Tom come CEO ma, soprattutto, evidenziando quanto Kendall, Roman e Shiv fossero inetti a governare. Non è un caso, in questo senso, che gli autori abbiano mostrato i 3 insieme, per l'ultima volta, intenti a litigare furiosamente a livello verbale ma anche fisico, con Kendall e Roman azzuffati in una grande sala riunione in piena vista rispetto al vicino board che nel frattempo stava designando il futuro CEO.
3 vite in pezzi.
Un'eredità bruciata.
Un crollo verticale che avevamo quasi creduto non potesse più avvenire. La distruzione dell'alleanza stretta solo poche ore prime sembrava impossibile a quel punto ma, a ben vedere, poteva essere l'unica conclusione possibile.
Kendall, Shiv e Roman non sono "fit", non sono adatti a governare poichè, come ebbe a dire il loro padre la notte prima di morire, non sono "serious person".
Non lo è Roman, da sempre preda dai suoi umori, del suo essere costantemente su di giri, fuori dalle righe.
Non lo è Kendall, vittima del suo passato e preda del suo sentirsi l'unico e il solo vero erede al trono.
Non lo è Shiv, che pure aveva fatto notare qualche buona qualità, semplicemente perchè troppo ossessionata dall'essere stata indicata sempre come la ruota di scorta, a volte per età, altre perchè donna, altre perchè, come sul finale, semplicemente non all'altezza del compito.
Vederli deflagrare, ad un centimetro dal traguardo, è il compimento perfetto di quel percorso che solo delle persone cosi insicure, fanciullesche e incompetenti avrebbero potuto minare e complicare. Probabilmente, uno dei 3 sarebbe riuscito ad essere il nuovo Logan anche solo da stando fermo e in silenzio ad aspettare e invece, il loro costante movimento, il loro costante ruotare intorno alla scrivania più ambita, costi quel che costi, li ha resi deboli e sempre più inadatti.
La maestria degli autori sta, tra le mille cose, nell'averci resi dipendenti dalle dinamiche tipiche di Succession senza farci annoiare mai. In questa ultima stagione, più che mai, ci siamo sentiti molto spesso vicini ai protagonisti, dimenticandoci di quanto fossero privilegiati, ricchi da far schifo, pieni di scheletri nell'armadio. Una scrittura calibrata e curata in ogni dettaglio ci aveva permesso il lusso di tifare per loro e la loro scalata, ancor più se accompagnata da una ritrovata unione familiare. Avevamo dimenticato, nel frattempo, le amenità di Roman, l'omicidio colposo di cui si era macchiato Kendall, le riprovevoli scelte umane e personali di Shiv.
Ognuno di loro, ha avuto la sua chance, ha avuto la percezione di poter cogliere il Momentum e divenire il nuovo proprietario della Waystar. Kendall e Roman, di fatto, hanno assaporato e toccato con mano quel potere, seppure brevemente, in uno strano biumvirato che ha permesso loro di condurre in prima persona la trattativa con lo Swedish nello stupendo Kill List (qui la recensione). Una fugace vittoria che li ha resi, inconsapevolmente, ancora più deboli.
Ma quali sono stati i passi che hanno condotto, i 3 aspiranti successori, ad implodere in quel modo assurdo?
Ancora una volta è la magistrale sceneggiatura, coadiuvata da una efficace regia, a venirci incontro e fornirci tutte le risposte.
Partiamo da Roman.
Il più fragile dei fratelli, la mina vagante per eccellenza, il più insicuro e psicolabile Roy è stato anche quello che ha mostrato i segni più evidenti di crescita.
Alzi la mano chi, al termine della prima stagione, avrebbe voluto Roman Roy anche solo come rappresentante di un piccolo condominio?! Troppo sboccato, poco competente, su di giri, inaffidabile per poterlo immaginare CEO della più grande azienda massmediale sulla faccia della terra. In questa quarta stagione non solo Roman ha sfiorato quel titolo ma lo ha anche potuto certificare sul suo curriculum. Come raccontavo prima, infatti, per qualche giorno ha condiviso la poltrona con suo fratello Kendall portando a casa anche un discreto successo quando, senza minimamente volerlo, era riuscito a strappare un'offerta ancora più vantaggiosa dalla Swedish.
Il solo assaggio del potere ha dato alla testa al povero Roman.
Eravamo tutti pronti ad una sua implosione che puntualmente è arrivata ed è arrivata nel momento e nella situazione in cui neppure un toro si sarebbe potuto più riprendere.
La spocchia di Roman travestito da CEO ci aveva indotto ad odiare il personaggio ma anche, nei nostri retropensieri, a pensare che forse, dietro quell'aria da ragazzino ribelle e sconclusionato, si celasse il vero erede di Logan. Ed è, probabilmente, quello che deve aver pensato Roman stesso quando ha silurato Gerry, licenziato persone strategicamente importanti, stretto accordi sotto banco con Mencken, fabbricato una fake news gigantesca la notte delle elezioni, costruito un discorso da grande uomo in occasione dell'elogio funebre del defunto padre.
Nel guardarlo, nelle prime sequenze del lancinante e perfetto Church & State, recitare nel comfort della sua stanza tale elogio con fare deciso, confidenza da navigato uomo influente e spiccato senso della teatralità, avevamo tutti pensato che il funerale del padre sarebbe stato il battesimo del figlio come nuovo Logan.
Nulla di più sbagliato.
Gli autori hanno giocato con noi. Ci hanno beffato. Ancora una volta.
E' bastato un banale fuori programma, come la presenza sull'altare del fratello di Logan, per spezzare l'incantesimo.
Roman si perde, entra in uno stato catatonico e proprio quando avrebbe dovuto rubare la scena a tutti gli altri finisce con la faccia nella polvere come un moderno Ozymandias. Davanti ad alcuni fra gli uomini più potenti al mondo, tra cui il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America (almeno per la ATN), il nostro caro Roman scoppia in lacrime, singhiozza, arranca, si blocca, si accascia tra le braccia dei fratelli non riuscendo neppure a proferire una sola parola di quel discorso che oramai ripeteva a memoria e che nella sua testolina avrebbe dovuto fungere da sigillo per il suo avvenire come CEO della Waystar.
Dalle stelle alle stalle in un attimo.
Roman è fuori dai giochi.
E' "unfit" per il ruolo.
Non è adatto.
E' ancora un bambino.
E', come lui stesso dirà nelle ultime sequenze dello show, "Nothing".
Autoeliminato un fratello, ne restano ancora 2 ed entrambi hanno ancora molte ragioni da vendere a supporto di una eventuale candidatura.
Mancava ancora un episodio, mancava ancora un'ora e mezza di grande televisione mentre Shiv e Kendall provavano a giocarsi le loro carte.
Da separati in casa.
Fratello contro sorella.
Il co-CEO pro tempore vs l'alleata segreta (non più oramai) di Mattson e GoJo.
Shiv e la successione. Shiv ed un destino da sempre controverso. Shiv e quella scrivania come oggetto dei desideri unico e solo.
Se Roman è stato il fratello con l'evoluzione più netta, Shiv è stata quella col percorso più complesso.
Più volte, noi spettatori abbiamo pensato che la rossa ragazza fosse la più completa fra i pretendenti. Non totalmente sprovveduta, la più capace ad architettare qualcosa di più complesso di un capriccio adolescenziale, la più abile ad intrecciare rapporti e stringere relazioni strategiche. Tutto vero ma solo se lo guardiamo in relazione a Kendall, Roman e mettiamoci anche il bizzarro Connor, da sempre autoesclusosi dalla lotta per la successione. Se proviamo ad assolutizzare lo stesso concetto, scopriremo che anche Shiv è un agnellino fra i lupi, una dilettante allo sbaraglio, una ragazzina senza alcuno strumento per poter competere ai livelli che furono del padre.
Nelle prime stagioni Shiv era la vittima predestinata di papà Logan il quale indorava spesso la pillola nel raccontarle continuamente quanto fosse preziosa e speciale salvo lasciarla sempre un passo indietro rispetto ai fratelli. L'essere donna ha probabilmente influito nelle scelte del patriarca ma questo, nel corso del tempo, ha rappresentato un alibi, e quindi un ostacolo, più per Shiv stessa che per gli altri. Con la sua consueta classe, infatti, Armstrong ci ha fatto notare come, in un mondo dove la parità di genere è spesso un miraggio, persone poco capaci come Siobhan tendono a vittimizzarsi oltremodo, in nome della parità di genere mancata, appunto, per giustificare i propri insuccessi.
A conti fatti, Shiv, non ha mai saputo convincere i suoi detrattori, non ha mai avuto una visione d'insieme, non ha mai scelto il cavallo giusto, è stata numerose volte "gabbata" da quelli che dovevano essere i suoi stessi alleati.
Clamorosi gli errori di giudizio su Tom sul finale della terza stagione e su Mattson nella quarta. Lei che pensava di essere in controllo, di essere il masterpuppets in grado di muovere i fili di una trama gigantesca, è stata aggirata come una bambina dai 2 uomini i quali erano da sempre molti passi avanti a lei.
Rischiando di essere banale ma come potrebbe governare un'azienda di rilevanza globale una donna non in grado di tenere a bada un marito infinitamente di rango più basso nelle gerarchie aziendali? E come potrebbe essere la predestinata colei che, violando ogni tipo di rapporto di fiducia coi fratelli, ha consegnato segreti aziendali e tutta se stessa a colui il quale, con mille scheletri nell'armadio ed un'etica bassissima, avrebbe potuto decretare la fine del giocattolo di famiglia in quanto tale?
Non solo Shiv si è dimostrata incapace di tessere rapporti strategici con le persone giuste ed al momento giusto ma, nel farlo (o meglio nel non farlo), ha devastato anche i rapporti familiari e amicali sui quali avrebbe dovuto e potuto puntare. Ancora una volta, un membro della famiglia Roy si dimostra "unfit", si dimostra fuori dalla realtà, fuori dal mondo e parte di una dimensione parallela nella quale l'egoismo impera, milioni di dollari son visti come carta straccia e conta solo il momento, solo l'attimo in cui far accadere cose enormi senza alcuna preparazione, gestazione e previsione.
E cosi, anche Shiv, è fuori dai giochi.
Ed a buona ragione.
Rimane solo Kendall e fino agli ultimi istanti sembrava davvero possibile vederlo trionfare come unico e solo degno erede di Mr. Logan Roy.
Sul personaggio di Kendall Roy potremmo scrivere un ciclo di romanzi.
Dietro l'apparente patina umoristica, grottesca e surreale che ha accompagnato ogni istante di Succession, si stava consumando, in realtà, una grande tragedia.
La tragedia umana di una famiglia che stava perdendo la propria identità, di un padre che vedeva sfuggire tutto ciò per cui aveva lavorato nella sua esistenza, di figli mai veramente educati, amati e rispettati dal loro immenso e famosissimo padre, di una nazione che stava consegnando il proprio destino a uomini armati solo di primordiali istinti e voglia di emergere, voglia di diventare milionari, di un popolo sempre più incline alla violenza, alla rassegnazione, alla violazione di diritti e del diverso.
In questo quadro, il personaggio più tragico è senza dubbio Kendall.
Lo splendido finale ci dice che per Ken la parola fine è arrivata e che forse quel suicidio tante volte accarezzato potrebbe restare, off screen, l'unica scelta possibile e, forse, onorevole.
Al ragazzo mai diventato uomo, infatti, non resta neppure un briciolo di dignità, di speranza, di credibilità. Ad un passo dal traguardo, con la medaglia già in tasca e gli applausi del pubblico nella mente, Kendall è riuscito a rovinare tutto insidiando nella mente di Roman e, soprattutto, di Shiv un tarlo che è sempre stato nella testa di ogni personaggio di Succession e di ogni suo spettatore. Anche nei momenti migliori, anche nei momenti di gloria, Ken ci dava l'impressione di poter implodere in qualsiasi momento, di non essere in grado di gestire la pressione, di non poter orientare una vera strategia, di non avere una sua personalità, di non essere "the man" come il padre era stato per lungo tempo.
Non è un caso che il padre stesso, nell'indicarlo come suo successore avesse poi ritrattato, con un tratto di penna, generando quella sopraffina ambiguità sul se quella fosse una sottolineatura o una cancellatura. Che Ken sia stato forse l'unico dei fratelli a dare prova concreta di se stesso in alcuni momenti, è cosa certa.
Lo abbiamo visto, solo in questa stagione, convincere tutti durante la presentazione del programma Living + (qui la recensione), mettere una pezza al disastro emotivo e di immagine causato da Roman durante i funerali del padre e, in un passato più lontano, affrontare a viso aperto il padre con quell'incredibile voltafaccia che caratterizzò il finale della seconda stagione. Ci eravamo illusi, più volte, che Ken avesse il killer instict ed il pedigreè per succedere a Logan.
Questo amaro e rocambolesco finale ci ricorda, elegantemente che Ken era soprattutto altro. Era il ragazzo reo di aver commesso un omicidio. Era il "puppet" di papà. Era un tossicodipendente acclarato. E' stato un uomo sull'orlo, più volte di crisi di nervi e manie suicide. E' stato, e continua ad essere, un pessimo padre. E' un dirigente aziendale che quasi sempre non sa cosa fare, non è in grado di scegliere. E' un bugiardo. E' un uomo che non è mai stato in grado di creare una propria agenda, di stringere dei veri rapporti strategici. Emblematico, probabilmente, è stato il suo decidere sul "call it" in occasione della notte delle elezioni. Un suo ok o ko avrebbe determinato, in direzioni opposte, quale sarebbe stato l'esito, almeno dal punto di vista mediatico, delle elezioni, indicando dove il vento avrebbe soffiato di lì ai prossimi anni. Ad estrema destra o in un senso molto più democratico?
Kendall, che pure si era dimostrato molto preoccupato, come genitore e cittadino, per una eventuale vittoria di Mencken, non riesce a decidere. Resta nel mezzo fra Shiv e Roman, nettamente schierati in 2 opposti fronti, balbettando, tergiversando, chiedendo agli altri consiglio, tenendo sulle spine l'intera ATN. All'improvviso, però, "the man" decide ma lo fa non perchè preda di una elaborazione razionale o di una visione strategica ma per ripicca alla sorella che, intanto, era stata beccata con le mani nella marmellata rispetto ai suoi accordi con Mattson.
In quella occasione è stato palese come e quanto Kendall fosse "unfit" e probabilmente pericoloso per l'azienda tutta.
La sorella, cambia idea perchè anch'ella molto istintiva e immatura e perchè, guardando un Ken sorridente, con i piedi sulla scrivania del padre, intento ad offrire a Stewie ogni tipo di ruolo solo per tenerlo buono a pochi minuti dal voto, senza, ancora una volta, la capacità di strategizzare nulla, Shiv realizza che un compito cosi importante non può essere assolto dal suo fragile e insicuro fratellone.
Il finale, sottrae a Kendall la gioia di una incoronazione oramai data per certa, lasciandolo con indosso un frullatore sul capo simbolo della infantilità sua e dei suoi fratelli. Il litigio, amaro e imbarazzante fra i 3 è l'epilogo tragico di una saga che ha dato ha tutti uguali possibilità e, ad ognuno, il suo triste commiato.
Connor in Slovenia.
Roman davanti ad un drink. Solo. Con un sorriso enigmatico e agghiacciante da Joker.
Shiv che appoggia la mano su quella del marito, accettando di essere "la moglie di" dopo essere stata "la figlia di" pur di non diventare "la sorella di".
Kendall che fissa il mare, che fissa l'ignoto mentre dall'altro lato della strada il fido scudiero di suo padre Logan lo guarda a vista, lo pedina nel tentativo di evitare il peggio.
Tom e Greg continueranno la loro vita da Disgusting Brothers ma lo faranno con in mano le redini di una delle corporazioni più potenti al mondo. Il primo dimostrando di essere non solo una macchietta ma uno dei pochi abile a costruire il proprio futuro (non a caso indicherà subito chi licenziare e chi no, una volta divenuto CEO), il secondo continuando a proporsi a chiunque pur di restare al piano più alto di uno dei palazzi del potere più illustri al mondo.
Logan, con tutte le sue orride mancanze ed il suo spietato senso del potere, è morto prima che potesse assistere alla perdita di tutto. Sarebbe morto quella mattina, nel vedere i suoi 3 figli azzuffarsi davanti a tutti per un pezzo di torta mentre, tanto inconsapevolmente quanto inevitabilmente, consegnavano ad altri un pezzo di mondo che da decenni apparteneva ai Roy cosi come le sorti di un pianeta sempre più artefatto e sull'orlo del precipizio.
I lacchè continueranno a leccare. I magnati come Mattson continueranno ad imperversare tra una multinazionale e l'altra nel tentativo di divorare il cervello ed il portafoglio della gente comune. I Mencken/Trump di questo mondo continueranno ad esistere indisturbati, coadiuvati dai fabbricanti di verità come la ATN/Fox.
E noi tutti, come stronzi, rimarremo a guardare.
Una delle serie tv più belle della storia della televisione.
Succession chiude, e lo fa nel momento migliore, lasciandoci come sassi di fronte a cotanta potenza nel raccontare dinamiche a noi estranee ma che ci hanno divertito, interessato, appassionato e coinvolto come poche altre volte negli ultimi anni.
Come Breaking Bad prima e Better Call Saul poi, se ne va una serie capace di crescere in qualità ed ascolti anno dopo anno.
Tutto si apriva con la promessa di una Successione.
Quella Successione è arrivata.
Al fotofinish.
Nella maniera più inattesa ma anche più naturale.
Ed ora tocca a noi aprire una nuova caccia.
La caccia al successore di uno show di cui fra 100 anni parleremo ancora.
Comments