Vi era piaciuto Gravity?
Le saghe spaziali vi emozionano?
Oramai siete abbonati fidati di Apple TV Plus?
For All Mankind, arrivata alla terza stagione, raccoglie il successo che merita e l'acclamazione della critica, a valle di un lungo percorso che non sempre, e non subito, l'aveva vista scuotere coscienze seriali come altri compagni di schermo.
Io, per primo, avevo abbastanza diffidato di una delle prime serie tv di Apple Plus (qui una selezione di recensioni scritte su prodotti di Apple TV Plus).
La creatura di Ronald D.Moore, creatore di quel capolavoro che fu Battlestar Galactica, non era riuscita ad incidere alla prima stagione, restando in quel limbo di serie tv innegabilmente originali e ben fatte a cui mancava qualche step per arrivare in cima (penso anche ad un'altra serie Apple, totalmente diversa da For All Mankind ma di eguali pontezialità: The Mosquito Coast).
Oggi, a distanza di un paio di anni, possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che For All Mankind è riuscita a compiere quei passi, passi che l'hanno portata sulla Luna prima, su Marte poi ed, in definitiva, sulla punta del cuore di milioni di fan.
Già la seconda stagione di For All Mankind era riuscita a convincere me e molti addetti ai lavori. Più centrata, più autonoma, più solida, più bella da vedere. Qui avevo condensato le mie sensazioni attraverso un post di analisi di quella buona annata.
Ritornando prepotentemente alla terza stagione voglio porre a me stesso una domanda a cui chiedo, sempre a me stesso, una risposta istintiva:
Cosa ha di cose eccezionale la terza stagione della serie di Ronald D.Moore?
La risposta che mi darei (e di riflesso vi darei) è la seguente.
Ogni episodio è densissimo ed è capace, anche solo per qualche tratto, per poche scene, di emozionare profondamente servendosi di ottimi personaggi, di un buon lavoro di scrittura fatto su ciascuno di loro e, non secondario, di un incredibile cornice spaziale che si serve delle più avanzate tecniche digitali per regalarci uno spettacolo unico che, francamente, ricorda l'immenso Gravity di Cuaron, non a caso già citato nelle domande iniziali che ponevo a voi lettori.
Il condensato delle sensazioni che ho provato è questo.
Pura gioia estetica nel guardarlo, vari sussulti nella parte centrale dello stomaco, 5-6 momenti di autentico shock (basti pensare al finale), genuino interesse per le sorti di una moltitudine di personaggi, siano essi principali che secondari.
E' una serie, For All Mankind, non esente da difetti (che vi elencherò fra poco) ma che riesce a lavorare bene sull'impatto di breve e lunga durata che genera nello spettatore.
Molti personaggi sono riusciti ad emergere attraverso la loro umanità e la storia personale dietro i grandi successi.
Prendiamo, ad esempio, Margo Madison, donna fra gli uomini che, negli anni, è riuscita a diventare il direttore dell'agenzia aerospaziale più prestigiosa al mondo, la NASA, e lo ha fatto sacrificando totalmente la sua vita privata appannaggio di grandi "achievements".
Nel farlo, Margo è diventata un punto di riferimento per tutti ed, a sua volta, una donna in grado di veicolare grandi strategie cosi come piccole, piccolissime, briciole di vite vissute grazie al suo supporto ed alla sua visione. Basti pensare a quanto abbia contribuito per rendere Aleida la donna, la professionista che ammiriamo in questa stagione o quanto sia stata fondamentale per proteggere il suo rivale/amico Sergey dalle minacce sovietiche. Margo è l'esempio perfetto di personaggio che poteva apparire come secondario e che invece emerge prepotentemente come un personaggio chiave che, non a caso, chiude la stagione rilanciando rispetto alla prossima annata.
A tratti, un percorso analogo, sebbene ancora più iperbolico (e forse forzato) possiamo farlo per Ellen Wilson (Jodie Balfour) passata dall'essere una delle prime donne della NASA ad ambire a traguardi spaziali concreti all'essere, addirittura, la prima donna a diventare presidente degli Stati Uniti D'America. Più che nei suoi traguardi politici, la Wilson emerge fortemente in questa annata grazie alla sua vita privata, costellata di bugie legate alla sua omosessualità che, inesorabilmente, le avrebbe impedito di raggiungere obiettivi cosi magnificienti. Il suo coming out, dall'alto dello scranno presidenziale, è un momento esaltante e commovente che ci fa pregustare la potenza di un cambiamento radicale quando esso avviene per mano e per bocca della donna più potente del mondo. Il suo messaggio libera, in un colpo solo, milioni di persone dall'onta del pregiudizio e della discriminazione.
Il prezzo da pagare potrebbe essere alto e coincidere con la perdita del proprio potere politico e del proprio ruolo ma è un costo ampiamente giustificato dal risultato straordinario in termini di affetto, gratitudine e gioia di una grandissima parte del popolo che era chiamata a rappresentare.
For All Mankind è stata, ed è, una serie molto al femminile e molto attenta al tratteggiare figure femminili forti, determinate, anche potenti nel loro ricercare il risultato concreto e tangibile in un mondo dominato dagli uomini. Karen Baldwin è forse la più degna rappresentate di tale intenzione.
Donna fuori dal giro Nasa, classica casalinga americana che avrebbe dovuto cullarsi nei successi del marito, badare ai figli e alla casa, sfornare torte alle mele e indire banchetti coi vicini, Karen, a causa di traumi ingestibili per chiunque, ha ben presto cambiato passo, sbagliando, peccando, persino tradendo ma trovando, finalmente, il suo posto nel mondo.
Lo ha fatto a piccoli passi, riuscendo, però, a diventare un riferimento importantissimo nel mondo dell'imprenditoria spaziale e nel circolo ristretto delle persone che contano in materia di viaggi verso mondo e pianeti sconosciuti o da colonizzare.
Il suo, per quanto forzato, è un percorso ancora più profondo, fatto, appunto, di dolori immensi come quello della perdita di un figlio o il divorzio dalla persona amata ma anche di tradimenti subdoli o necessari come quelli fatti al marito o al socio Del. Sacrifici, errori e lavoro duro che l'hanno resa la donna che ammiriamo in questa stagione. Molly Cob è un altro, ennesimo, esempio di donna forte e schiacciante nel suo eroismo, cosi come Danielle Poole, sempre solida, sempre affidabile, sempre pronta nonostante le discriminazioni legate al colore della sua pelle.
In questo mondo di donne emergono figure di uomini canonici, complessi e variegati, con Del, Ed e Jimmy a regalarci enormi momenti di tormento e di eroismo spesso molto classico ma mai impotente.
Prima di chiudere, però, provando a fare uno sforzo analitico che qui, purtroppo, mi compete, non posso esitare nel sottolineare come For All Mankind sia una serie zeppa di forzature e frettolosità.
Ogni personaggio viene dipinto, fondamentalmente, come un grandissimo eroe. E' un retaggio molto americano che qui si presta bene al racconto ma che a volte appare leggermente fuori tempo massimo.
Il come, molti personaggi, riescano a diventare degli eroi pazzeschi è sempre ai limiti del verosimile. Casalinghe che in pochi anni diventano CEO della più ricca azienda al mondo. Astronaute che diventano presidenti degli Stati Uniti D'America. Seconde linee che diventano direttori della NASA. Tutto accade e accade contemporaneamente a grande velocità nonostante i numerosi skip time che costellano la gallassia di For All Mankind.
Di forzature ce ne sono tante (pensate all'astronauta coreano su marte) ma, almeno, servono a scandire i tempi della narrazione apparendo sempre molto funzionali al racconto.
In definitiva, la stagione numero 3 di For All Mankind è un grande successo, un successo basato sulla capacità di emozionare, fantasticare e creare mondi alternativi nei quali il carbone ed il fossile non sono dominanti, le donne emergono con prepotenza, i diritti civili sono al centro del dibattito e la corsa allo spazio più viva che mai.
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