In Italia vige un gran provincialismo quando si parla di serie tv.
Più che provincialismo mi pare esserci una sorta di complesso di inferiorità rispetto alle grandi produzioni nostrane.
Certo, da noi la serialità fino ad una decina di anni fa faceva rima con "Un Medico In Famiglia", "Don Matteo", "Cento Vetrine". Non avevamo una cultura consolidata in materia o, forse, non ce l'avevamo affatto.
Sentirsi inferiori, all'epoca, non era solo frutto del buon senso ma un vero e proprio dato di fatto.
Con Boris e Romanzo Criminale, e grazie all'incisività delle produzioni SKY Italia, abbiamo iniziato, anche noi, a produrre titoli di un certo livello, pensati, ragionati, ben recitati, ottimamente narrati.
Da lì in poi qualcosa è cambiato ed anche noi abbiamo iniziato a farci sentire.
Non è un caso se serie qualitativamente impeccabili come The Young Pope, The New Pope, L'amica Geniale siano targate Italia.
Il tricolore, negli ultimi 10 anni, oltre ad offrire grandi titoli, è riuscito ad allargare i propri orizzonti esplorando generi che riuscissero ad andare oltre il gangster crime o la commedia.
Oltre ai 3 titoli già citati basti pensare alle 2 serie di Zerocalcare made in Netflix, alla post-apocalittica Anna di Niccolò Ammaniti e al kolossal Romulus di Matteo Rovere.
Non voglio dilungarmi oltre l'argomento "italian do it better" visto che, qualche mese fa, avevo osato scriverne un articolo di cui vi lascio qui il link.
Oggi vorrei provare a portarvi su un altro terreno, più internazionale, prendendo spunto da un articolo del New York Times il quale si è prodigato nello stilare le migliori serie tv internazionali degli ultimi 10 anni ed indovinate chi c'è al quinto posto?
Proprio una serie italiana.
Di Gomorra si è detto tutto e il contrario di tutto.
Il fatto che un baluardo dell'antimafia come il magistrato Nicolò Gratteri, si sia pronunciato in merito (nel suo caso negativamente), può darvi la portata di quanto sia stata rilevanta dal punto di vista sociale la serie di Sollima tratta dal best seller di Roberto Saviano.
Gratteri fa un'analisi profonda, che condivido poco (ed è una delle poche volte in cui non son daccordo col magistrato), ma che lascia il segno rispetto alla imponenza del racconto.
Per quanto mi riguarda, ho sempre pensato che Gomorra fosse una serie che riusciva chirurgicamente a dettagliare e mostrare le piaghe della camorra ed anche i motivi per cui, in una parte ben definita del territorio, fosse cosi radicata e radicale.
Laddove lo Stato è assente (in Gomorra la polizia non è mai presente, fateci caso), laddove gli istituti di formazione sono lasciati a se stessi (vedi Caivano ed il caso della Preside "Coraggio" Eugenia Carfora, lasciata sola a combattere l'abbandono scolastico e le minacce di "quelli del Parco verde), laddove non c'è sistema legale che tenga di fronte alla facilità con cui la malavita promette denaro e sicurezza economica, laddove c'è meno cultura della legalità, proliferano le mafie.
Gomorra descrive, in 5 stagioni, tutto questo e lo fa in maniera romanzata e sanguinosa, molto violenta, e senza veli, riuscendo a non esaltare mai il mondo criminale che descrive.
Nello show muoiono praticamente tutti i protagonisti, tutte le guest star, tutti i recurring. Lo fanno malamente. In giovane età. Senza avere via di scampo.
Una serie che mostra questo sta lanciando un messaggio, a mio avviso, inequivocabile. Far parte di un mondo criminale non paga.
Mai.
L'unica ricompensa è una morte violenta.
L'unico destino a cui si andrà incontro è racchiuso dentro una bara.
L'unico ricordo possibile è quello di compagni e compagne di strada destinati anch'essi a morire.
In Italia, però, Gomorra è vista come "la serie che esalta la criminalità".
Dissento, ho dissentito, e sempre dissentirò da questo modo di vedere le cose.
Solo in Italia, poi, è da sempre in atto una lotta tra quelli che adorano il fatto che essa sia recitata in dialetto napoletano e quelli che la reputano cafona, inguardabile e provinciale per lo stesso motivo.
In un mondo, quello televisivo e cinematografico, sempre più a caccia dell'autenticità, noi siamo rimasti i soli a pensare che una serie ambientata a Secondigliano, con protagonisti pressochè analfabeti e mai usciti dalla Campania, debbano recitare ispirandosi al cantico dei cantici o ai dettami dell'Accademia della Crusca.
Mentre noi ci fossilizziamo su questi aspetti, il quotidiano più noto e, probabilmente, autorevole al mondo, piazza Gomorra al quinto posto delle migliori serie internazionali degli ultimi 10 anni, avanti a titoli come Broadchurch o Dark e addirittura avanti a The Crown!
Tutto il mondo è paese?
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