Siete dell'idea che più se ne parla delle diversità e meglio è?
L'amore trionfa su tutto?
La discriminazione è il cancro della nostra società?
Ryan Murphy è uno dei vostri autori preferiti?
Sono sicuro che, allora, avrete assistito al finale di Pose e, in un modo o nell'altro, avrete sorriso, pianto, insomma vi sarete emozionati.
Una delle tante, tantissime creature di Ryan Murphy ci ha detto addio il 6 giugno 2021 con un doppio episodio finale dal fantasiosissimo titolo "Series Finale: part 1 e part 2". Zio Ryan non deve proprio essersi arrovellato le meningi sulla scelta del titolo col quale accomiatarsi...
Tra spruzzate di energia, lacrimoni e i consueti buchi di sceneggiatura anche stavolta Pose è riuscita ad emozionare, chiudendo il cerchio alla grande e senza troppi rimpianti.
Quando parliamo di una serie di Ryan Murphy parliamo sempre di serie che, in un modo o nell'altro, mettono al centro di tutto l'essere umano con le sue fragilità, le sue ombre ma anche il suo cuore, il suo spirito, la sua energia.
American Horror Story è stata una deviazione sul tema ma la poetica "Murphyana" è sempre stata incentrata profondamente sul rapporto fra l'uomo e sè stesso in una dimensione però sempre molto corale e sociale. Basti pensare ai recenti Hollywood e The Politician ma anche al più celebre American Crime Story dove, sebbene il motore di tutto sia il racconto, quasi documentaristico, di eventi mediaticamente fondamentali della nostra storia recente, Murphy preferisce delineare i propri personaggi, anche i più negativi, all'interno di una cornice spiccatamente emotiva.
Pose è stata la celebrazione totale di quella poetica.
In Hollywood il contesto era quello dell'industria cinematografica.
In The Politician quello politico.
In Pose quello della lotta all'AIDS e alle discriminazioni tout court.
L'esordio di Pose era stato un susseguirsi di storie e personaggi che si incastravano a meraviglia nel mondo delle ballroom e che, tra dissidi, incomprensioni e lotte intestine erano riusciti a diventare famiglia, una famiglia nella quale sentirsi unici e mai sbagliati.
Quegli emarginati, maltrattati, vessati in ogni forma e modo dalla New York degli anni '80 - '90 hanno costruito un muro trasparente dietro il quale ripararsi ma all'interno del quale chiunque sarebbe potuto passare per scrutare il loro vissuto e magari scegliere di diventarne parte.
L'ultima stagione di Pose porta a compimento questo percorso di crescita collettiva e ci mostra il risultato dei tanti anni di sofferenze, di privazioni e di sberleffi che la vasta comunità LGBTQ+ rappresentata nella serie ha subito.
Il finale, come sempre ricco di speranza e gioia, ha dovuto fare i conti con il grande male che ha afflitto quella comunità in quegli anni, ovvero l'AIDS, malattia fisica ma soprattutto piaga sociale senza precedenti che ha messo al bando uomini e donne "diverse" come fossero dei contemporanei appestati.
Nell'ultima stagione, pur saltando di storia in storia, di epoca in epoca senza aver troppa cura di essere sempre coerentissimi, la serie ha portato a compimento il percorso di tutti i suoi protagonisti.
Ha senz'altro colpito molto la storyline legata al vero protagonista della storia, quel Pray Tell interpretato da Billy Porter il quale ha caricato di enorme intensità e drammaticità il suo bellissimo personaggio. Colui che era stato "solo" una voce delle ballroom in quest'ultima stagione è divenuto l'emblema di un mondo fatto di persone che hanno lottato con tutta la loro forza per affermarsi nel mondo per quello che erano e che volevano essere. Nessuna maschera, nessun velo ma solo un uomo e la forza dei propri sentimenti e convincimenti. Il rapporto con la propria identità non è mai stato un problema per lui ma qui scopriamo quanta agonia c'è stata per essere chi Pray Tell avrebbe sempre voluto essere. Quell'uomo è il frutto di immani sofferenze, sofferenze che nel finale della sua vita e della serie si trasformano nella tragedia della malattia alla quale, però, si accompagna una realtà fatta di persone che lo hanno accettato ed accolto e che sono divenute per lui una seconda famiglia, forse più pura e sincera di quella nativa.
Angel ha trovato l'amore e il coraggio di diventare madre, una madre sui generis ma pur sempre madre.
E madri, con la M maiuscola lo sono sempre state Elektra e Blanca, grandi trionfatrici dell'epopea Pose.
Pose ha rappresentato un bel viaggio, utile e formativo per tutti quelli che hanno poca consapevolezza di cosa volesse dire essere un omosessuale o un trans in quell'epoca cosi vicina eppure cosi spudoratamente lontana nei modi e nell'essenza.
Oggi molti di quei diritti che diamo per certi devono tantissimo a quelle lotte, a quelle sofferenze che qui son state sempre degnamente rappresentate.
Pose non è mai stata una serie perfetta e non è mai stata una serie per tutti ma è una serie che, un po come Ted Lasso, seppur con toni e modi diametralmente opposti, ci insegna ad essere benevoli con noi stessi e con il prossimo, ci insegna a camminare in un mondo pieno di ostacoli e di disprezzo.
Per questo e per tanti altri motivi a Pose vanno perdonate molte imperfezioni e tanti sbalzi di sceneggiatura che ad altre serie non avremmo perdonato. Per questo motivo Pose merita e meriterà sempre di essere citata negli annali della tv, nonostante tutto e grazie alla sua unica diversità.
Comments