"Chi lo avrebbe mai detto?" è un interrogativo che non possiamo permetterci quando parliamo di The Handmaid's Tale.
La serie con Yvonne Strahovsky ed Elisabeth Moss ci ha abituato a colpi di scena clamorosi ma mai forzati. Il famoso "Deus Ex Machina" lo abbiamo visto comparire poco o nulla eppure il sensazionalismo di certe trovate ha reso la nostra user experience sempre molto stupefacente.
Se avete visto il sesto episodio della quinta stagione di The Handmaid's Tale, saprete esattamente di cosa io stia parlando.
Il cliffangher che chiude l'episodio è di quelli che ti fa esclamare contemporaneamente i classici "Oh My God", "WTF!", "Wooooow" e cosi via (magari alternati ad un più italico "Ma Che cazz..." et similia).
E quindi parliamo di questo episodio, ricordando anche il precedente, dal titolo Fairytale, visto che non ne ho ancora parlato a fondo.
Sarò, comunque, breve.
I promise.
E partiamo dal quinto visto che, a mio avviso, è forse l'episodio più determinante dei 2 perchè costruisce benissimo gli eventi che esploderanno nell'episodio che tutti ricorderemo a lungo, per l'appunto il sesto, dal titolo Together (che non è un tributo alla canzone di Elisa).
E' in quei 50 minuti che la psiche di coppia, quella di Luke e June, si fonde, sfoderando un'unità mai vista prima. Luke, finalmente realizza che il male va sconfitto con altro male (non il più positivo dei messaggi, lo so) nel mondo disegnato dalla serie Hulu (qui trovate una serie di articoli sulle serie Hulu). Le buone maniere, i canali legali, le proteste sommesse, i sit in, la costruzione pacifica, sono armi spuntate contro Serena ed i comandanti che la circondano. Troppo pericoloso e potente il desiderio di sopraffare le donne del mondo intero per non preoccuparsene, per non porre rimedio seriamente.
Questa presa di coscienza di Luke spinge l'uomo ad abbandonare i propri schemi e tuffarsi insieme alla sua ritrovata June verso la Terra di Nessuno, quel lembo di territorio di nessuna appartenenza in cui Gilead tortura, cattura, massacra, soggioga chi osa sfidarli.
Sarà questo il destino che li attende nel tentativo di riprendersi la loro perduta Hannah?
Together risponde immediatamente a quella domanda, restituendoci 2 prigionieri che possono guardarsi, parlarsi e persino sfiorarsi la mano dall'interno delle reciproche gabbie ma non possono prevedere il loro futuro.
Sarà nuovamente diviso?
Sarà sotto la forca?
Prevederà un colpo di pistola alle rispettive tempie?
Avrà un lieto fine?
Pochi minuti e scopriamo che le loro strade, inaspettatamente, si separeranno.
June verso morte certa, verso una morte per mano di Ezra e sotto gli occhi vendicativi di Serena. Luke, invece, verso altri lidi che fatichiamo a riconoscere su 2 piedi. Dove lo avranno portato?
Domande, domande, tante domande, come quelle che devono annebbiare la testa di Serena, da qualche episodio costretta a subire le stesse violenze psicologiche che lei e suo marito Fred per anni hanno inflitto alle loro Marthe, le loro ancelle, le donne che circondavano le loro aride e solenni vite.
Qualcosa si stava smuovendo nell'animo di Serena.
Lo sapevamo ma non sapevamo se, prima o poi, la signora Waterford avrebbe avuto la forza e l'opportunità di autodeterminarsi, di fuggire, di rendersi libera.
Anche quando la vediamo chiedere, insistentemente, di partecipare all'omicidio della donna che le ha strappato il marito, in cuor nostro crediamo che sia una richiesta genuina spinta dal desiderio di vendetta e non da altri fini.
Cosi non è stato.
E a noi è piaciuto cosi.
Elisabeth Moss regala l'ennesimo primo piano intensissimo, l'ennesima prova da grandissima attrice e lo fa con la naturalezza di chi quel volto lo indossa da sempre e quella vita la vive da sempre.
La Strahovsky, dal canto suo, è sempre più brillante nell'interpretazione di una donna cosi ferma nei suoi principi ma anche cosi cupa nel portarli avanti, cosi tormentata dall'istinto di sopravvivenza.
E sarà proprio la voglia di sopravvivere a determinare l'atto più inaspettato, prima per lei che per noi, che potesse compiere.
Il colpo di pistola parte ma non è per June, è per Ezra.
Momenti concitati conducono June in macchina nell'insolito ruolo di autista.
Dietro di lei una pistola puntata ed una donna gravida la sorvegliano.
Le 2 nemiche, le 2 protagoniste sono di nuovo insieme in una versione malatissima di Thelma e Louise, dirette non si sa dove e verso non si sa quali obiettivi comuni.
Tuello tornerà sicuramente in scena, a fare da collante fra i 2 mondi (o almeno questa è la mia sensazione). E Luke? Chissà cosa gli riserverà il futuro.
Nel frattempo, ed è forse l'evento più importante della serie oltre che della puntata, un comandante viene giustiziato. E' il comandante Putnam. La zia Lydia ha prevalso. Anche a Gilead esiste il reato di stupro, ed è solo un dettaglio se la donna stuprata venga identificata legalmente come una proprietà. Quello che conta è che, nella sua crudezza e spietatezza, il vento di Gilead sta soffiando in direzioni inattese.
Proprio come il finale di questo splendido episodio.
Voto Farytale: 7,5
Voto Together: 9
Qui trovate le recensioni degli episodi precedenti
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