Il 14 settembre è andata in onda su HBO, nei soli stati uniti, la premierè della prima serie tv del nostro Luca Guadagnino.
Uno dei registi italiani più noti e influenti degli ultimi 20 anni ha deciso di fare il passo nel mondo seriale, a riprova di quanto fare tv oggi sia non solo una scelta necessaria ma anche conveniente per chi è da sempre stato abituato al grande schermo.
Come più volte si è detto su questo sito, e come sarà ricordato ogni qualvolta sarà necessario, il livello qualitativo raggiunto dalla serialità oggi era impensabile 15 anni fa ed è assolutamente pari, se non superiore, a quanto vediamo al cinema attualmente.
Il livellamento fra la settima arte ed il medium televisivo è stato progressivo ed inesorabile. Su alcune emittenti, con la HBO in testa, un regista, uno sceneggiatore, un autore, potrà trovare terreno fertile per le sue idee e oggi anche budget assolutamente rilevanti. Ecco perchè, fare tv oggi conviene ed è necessario. Si ha un grande ritorno in termini di immagine e pubblicità (grazie alla possibilità di raggiungere un pubblico variegato e foltissimo) e al contempo si ha la possibilità di mettere in scena racconti e dinamiche con una forma ed una sostanza che a volte potrebbero cozzare con le dinamiche puramente cinematografiche.
La libertà che viene lasciata agli autori televisivi, raramente viene lasciata a quelli cinematografici.
Non è un caso se negli ultimi anni abbiamo assistito ad un ritorno in tv di David Lynch con la terza stagione di Twin Peaks e all'approdo, sotto varie vesti, di totem della cinematografia come Martin Scorsese, Paolo Sorrentino, David Fincher, Alex Garland e cosi via.
Ecco perchè l'arrivo di Luca Guadagnino nella scuderia HBO destava cosi tanto interesse. Ecco perchè We Are Who We Are si presentava come uno dei titoli più attesi di questo autunno.
La visione del pilot ha confermato le doti e le caratteristiche della poetica di Guadagnino. Il regista di Call Me By Your Name ha saputo piegare le logiche seriali alla sua particolare visione, ad i suoi peculiari ritmi.
Il risultato è straniante e spiazzante e non può esaurisi alla visione della singola puntata.
Sarà dunque necessario tornare a parlarne, a stagione conclusa, per tracciare una linea ed emettere sentenze più definitive, sempre che di sentenze si possa parlare quando si parla di un prodotto di pura arte e finzione.
Guadagnino sceglie l'Italia come location per mettere in scena la sua serie americana, girata interamente in lingua inglese.
L'escamotage usato dal regista per parlare d'america e girare in lingua anglofona, ambientando a serie in Italia, è brillante.
I protagonisti sono cittadini americani che interagiranno fra loro all'interno di una base militare americana statunitense geograficamente posizionata all'interno del bel paese, di preciso nelle vicinanze di Chioggia, in Veneto.
In questo modo Guadagnino, come già avvenne per lo splendido Call Me By Your Name, può muoversi in territori familiari senza snaturare i personaggi che vuole raccontare e delineare.
Protagonista principale è Fraser (Jack Dylan Grazer) figlio di una coppia di donne appartenenti all'esercito americano, una delle quali, Sarah (Chloe Sevigny) è stata trasferita in Italia a capo dell'intera base, accompagnata dal figlio e dalla compagna Maggie (Alice Braga).
All'interno della base Fraser, ragazzo complessissimo e complessato, farà la conoscenza di altri ragazzi come lui, americani infelici che vivono in un'America artificiosa e lontana e privi di ogni punto di riferimento e senso di appartenenza con il mondo.
Fraser è un corpo estraneo non solo alla base ma al mondo intero.
Il ragazzo pronuncerà pochissime parole durante la prima ora della serie, perso tra i suoi pensieri, occupato ad ascoltare musica attraverso i suoi auricolari, offuscato dalla sua voglia di smarrirsi.
Ed è lo smarrimento il sentimento principale che colpisce i protagonisti ma anche gli spettatori.
Al termine del primo episodio non sappiamo nulla di dove Guadagnino voglia andare a parare, non riusciamo ad immaginare cosa voglia raccontarci.
Conoscendo la sua filmografia possiamo ipotizzare che alla fine del viaggio saremo appagati ma all'inizio di esso siamo come pokeristi che attendono che vengano loro servite le prime 5 carte, inconsciamente elettrizzati da quello che potrebbe accadere.
Questo spaesamento è un'arma a doppio taglio pericolosissima. La sensazione è che in molti abbandoneranno We Are Who We Are al termine della visione dell'episodio pilota, altri le concederanno un'altra chance, altri ancora vivranno sospesi in cerca delle vibrazioni che Guadagnino riuscirà a inviare loro attraverso i tanti silenzi, la musica e una regia accorta e pulita.
Non è ancora tempo di bilanci, è tempo di lasciarsi andare, chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
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